Monte Bianco, Via del Papa (Ratti-Grasselli)

Itinerario: Alpinismo, 2 giorni con pernottamento al Rifugio Gonella. Prenotare con largo anticipo.
Distanza: 19,8 km
Dislivello: +3.060mt
Difficoltà: AD-
Link gita su Fatmap
Relazione: https://www.gulliver.it/itinerario/2641/
Partenza: Lasciare l’auto nei pressi della sbarra nei pressi di La Visaille. Se si trova la sbarra aperta non andare oltre, al rientro si rischia di trovarla chiusa.

Salendo in cresta dopo la Capanna Vallot, quasi all’arrivo.

Cerco di sfruttare al meglio questa pausa forzata in casa per fare ciò che mi piace… e non potevo non raccontare una delle giornate più intense e belle della mia vita. Il 2019 è stato un anno speciale sotto il profilo dell’Alpinismo: io e Marco abbiamo pianificato un obiettivo e siamo riusciti a raggiungerlo, dopo 3 weekend di preparazione. Il weekend del 20 luglio ci ha regalato un ricordo indelebile che rimarrà nostro e condiviso per tutta la vita.

Spero di riuscire a scrivere questo articolo cercando di ricordare tutte le sensazioni e i particolari che ancora oggi mi vengono in mente ripensando a quel weekend, con la speranza che nel tempo questo blog possa lasciarmi un ricordo che gli anni non potranno cancellare. Il taccuino del Millenial diciamo. Eppure avrei dovuto avere un ricordo ben più vivido e reale se non mi si fosse staccato l’adesivo del supporto della GoPro la sera prima della salita! Se ci ripenso.. dannazione!

Proprio per questo motivo ho solo (…) delle bellissime fotografie scattate nei pochi momenti di pausa per ricostruire il ricordo.

Tutto parte come da programma: venerdì di buon ora lasciamo l’auto prima della sbarra a la Visaille ci avviamo verso il Gonella, coscienti che sarà una lunga giornata di avvicinamento. Gli zaini sono pesanti il giusto: sono riuscito a far star dentro tutta l’attrezzatura in 22 litri. Il risultato è che straborda, ma in compenso è molto comodo e mi sento abbastanza bilanciato. Passato il primo tratto di strada asfaltata iniziamo a percorrere la strada bianca, ci lasciamo alle spalle il laghetto e iniziamo a percorrere il bordo sinistro della gigantesca morena del ghiacciaio del Miage.
Poi scendiamo e iniziamo ad affrontare l’eterno zig-zag tra i grossi sassi che affiorano sopra al ghiacciaio. Già, perché.. sembra di camminare tra sassi ma in realtà sotto c’è ghiaccio.. e tutto si muove.

Poco prima di scendere dal bordo sinistro della morena verso la lingua del ghiacciaio. Sembra terreno sassoso ma in realtà è un ghiacciaio coperto da sassi.

Man mano che ci addentriamo nella lingua del ghiacciaio ci accorgiamo di quanto sia infinitamente lunga questa parte di tragitto: fortunatamente però le gambe allenate e fresche non sentono la fatica e procediamo spediti, di ottimo umore e grati di essere nel nostro ambiente in una giornata estiva così perfetta.

Una volta arrivati in fondo al ghiacciaio inizia la neve, l’itinerario piega a destra e si aggancia al fianco sinistro orografico della valle per cominciare la salita verso il ghiacciaio del Dome.

I giganteschi sassi della morena sono finiti, ora inizia la neve e il sentiero inizia a volgere a destra per poi salire sul fianco della montagna.

Da qui inizia un lungo tratto facile in netta salita: il sentiero piega in direzione del ghiacciaio, saliamo velocemente e iniziamo ad addentrarci verso la lingua bianca che il giorno dopo dovremo percorrere fino alla sommità per avvicinarci alla nostra meta. Da qualche parte tra queste rocce si nasconde il Gonella.

Dopo circa una mezz’ora di cammino inizia la parte più tecnica dell’itinerario: una serie di grossi canaponi bianchi tenuti ottimamente e probabilmente piazzati quest’anno ci indica facilmente la via. La cosa più comoda è affidarsi completamente a loro facendo lavorare un po’ le braccia e dando quindi alle gambe molto sollievo. Il percorso diviene molto tortuoso, si passa ad un tratto su una lingua di neve ormai sciolta dal sole e.. finalmente vediamo la nostra meta della giornata.

Lingua di neve prima dell’arrivo al Gonella.

Le ultime rocce, gli ultimi canaponi e siamo finalmente arrivati al Rifugio dopo circa 6 ore di trekking. Siamo solo a circa 3.000 metri di altitudine, domani ne dovremo fare 1.800. Mi ricordo che il solo pensiero un po’ mi preoccupò, considerando che sarebbe stata la mia prima volta ad affrontare un dislivello così ampio sopra i 4.500mt.

Il Rifugio Gonella ci accoglie davvero benissimo: la struttura è moderna, tenuta molto bene e piena di servizi. La stanza comune principale tutta in legno, la struttura esterna è di metallo e dopo pranzo ci concediamo una bella pausa al sole seduti per terra sulla struttura di metallo che sbalza verso il ghiacciaio. Si sentono rumori sinistri dal ghiacciaio: siamo proprio affacciati su una serie interminabile di crepacci profondissimi.

All’interno del Rifugio Gonella, sala comune.

Ceniamo molto presto, attorno alle 7. La sveglia di questo rifugio si differenzia dalle altre perché tutte le cordate che arrivano qui d’estate hanno un solo obiettivo, tutte per lo stesso itinerario.. il nostro. Puntiamo quindi la sveglia a mezzanotte, orario della colazione.

Ovviamente non dormiamo minimamente: la luce scende molto tardi, il rifugio ha delle bellissime vetrate anche nelle stanze da letto ma non ha delle tende oscuranti, quindi è molto difficile riuscire a prendere sonno, fosse solo per l’ansia e l’attesa dell’ora per cominciare l’avventura. Prendo il mio solito Aulin fregato a Marco come in tutte le precedenti uscite e proviamo a riposare.

Fortunatamente nessuno russa, ci riposiamo quello che ci basta per poter essere operativi e in forze appena iniziano a suonare tutte le sveglie del rifugio. E’ ora.

Ci avviamo tutti assieme più o meno nello stesso orario, fortunatamente siamo tra i primi e iniziamo a costeggiare sempre a sinistra la montagna, puntando al ghiacciaio. Finalmente lo tocchiamo e inizia una lunghissima salita saltando ogni tanto qualche crepaccio poco aperto (a metà agosto saranno talmente ampi da non permettere più la salita su questo itinerario e il rifugio chiuderà poco dopo finendo in anticipo la stagione). Il tempo sembra fermarsi, non ci accorgiamo di quanta strada stiamo facendo e arriviamo a quasi 800 metri di dislivello molto velocemente, non senza fatica.

Nei pressi dell’ultimo salto in fondo al ghiacciaio, nei pressi del Piton des Italiens, non vediamo lo spit al quale ancorarsi per risalire un canalino abbastanza ingaggioso ma seguendo una cordata di giovani abbastanza avventati lo superiamo, salendo sul lato su due rampe di ciottolame molto mobile. Saliamo a fatica, non senza muovere parecchi sassi che rischiano di cadere sulle cordate sotto di noi che non hanno visto lo spit e d’istinto ci seguono.

Passato questo punto con una arrampicata abbastanza selvaggia e poco elegante, ci troviamo in un piccolo spiazzo da dove parte una piccola cresta in salita che ci porta poco prima del Piton des Italiens. Da lì la cresta continua sulle classiche “facili roccette” ma nel buio più totale. Attraversiamo poi l’affilatissima cresta nevosa di Bionnassay che soprattutto al rientro ci ricorderemo bene per essere diventata completamente ghiacciata e molto più impressionante con la luce del giorno.

La strada è lunghissima, la meta non sembra arrivare mai, ma piano piano si avvicina. Da lontano vediamo la vetta, e mentre ci avviciniamo verso il Dôme du Goûter iniziamo a vedere le prime frontali che partono dalla normale francese e salgono verso la vetta. Sotto di noi, a sinistra, si apre lo spettacolo maestoso del versante francese. Si vede la valle e le luci delle case arancioni ancora avvolte nella notte mentre qui su pian piano inizia ad albeggiare.

Passato il colle, siamo ormai nell’ultimo tratto di salita: ci avvolge un vento sempre più sostenuto che prima non c’era, siamo esposti alle correnti da tutte le direzioni. Il vento è davvero forte, congela le mani e rende la progressione molto faticosa, ma saliamo. Intuiamo che la maggior parte delle cordate dietro di noi è molto distante: capiamo quanto sia stato importante il nostro allenamento e i nostri 3 weekend passati sopra 4.000 metri ad allenarci per questo itinerario. Nonostante la fatica, ci sentiamo pronti e motivati.

Arrivati alla magica e famossima Capanna Vallot proviamo ad entrare per curiosare, ma non lo facciamo perché intuiamo che ci sono alpinisti che riposano. Una breve sosta al freddo e ripartiamo, anche perché l’unico lato che offre riparo dal vento è quello utilizzato come latrina pubblica.
Riprendiamo la salita, il vento non ci da tregua: Marco passa davanti e conduce la cordata velocemente. Il paesaggio è incredibile: saliamo in una mare di ghiaccio, su un sentiero molto stretto ma senza molta esposizione. Solo una marea di ghiaccio, tanto vento e la vetta che non sembra arrivare mai.

Poi finalmente.. arriva. Quasi inaspettatamente ci troviamo finalmente sulla calotta sommitale e.. magicamente il vento scompare del tutto. Ci accorgiamo infatti che in vetta si è formata una sorta di conca che protegge perfettamente dal vento: una vera fortuna e un regalo magnifico per noi vincitori!

Vetta del Monte Bianco, 4.810mt. In fondo il Mont Blanc du Courmayeur e l’arrivo della Cresta dell’Innominata.

Ci abbracciamo, Marco piange: abbiamo coronato il nostro sogno, siamo sul Tetto d’Europa. Avvisiamo le rispettive fidanzate, sono le 8 del mattino. Laura si è appena svegliata, è felicissima e sollevata, immagino fosse molto in pensiero. Tunde invece ci ha seguito con il satellitare per tutto il percorso di salita ed è al settimo cielo per la nostra conquista, è entusiasta. Ci riposiamo, mangiamo e notiamo che è arrivata una cordata di stranieri che poi molti mesi dopo scopriremo che ci hanno ripreso con il loro drone in vetta.
Qui sotto il video: parte esattamente nel momento in cui si vedono due persone sulla destra dello schermo, guscio nero e rosso. Siamo noi. E’ un bellissimo regalo che poco tanti mesi Marco per puro caso trova su YouTube.

Video della salita di Julian Schmid che poi scopriremo essere stato nostro compagno di itinerario.

La discesa scorre via veloce ma estremamente lunga: a distanza di mesi mi ricordo ancora abbastanza bene la cresta di Bionassay che nella sua prima parte, rientrando, ci ha posto davanti all’affilatissima rampa ghiacciata verde senza darci nessun appoggio neanche per la picca: un gioco di equilibrio sui ramponi, con forte vento. Mi ricordo che Marco si è prudentemente fermato per aspettare che le raffiche passassero prima di affrontarla.

Per le 12.30 siamo di rientro al Gonella: orario perfetto per una grande birra e un fantastico pranzo. Nel pomeriggio, verso le 17.30, decidiamo di avviarci e scendere: non eravamo convinti di voler chiudere l’itinerario in due giorni ma ci sentiamo abbastanza bene per completare la giornata.

Sonnellino al Gonella prima di scendere..

Arriviamo alle 21.30 all’auto, devastati: il ghiacciaio del Miage è infinito al rientro! I piedi fanno malissimo e verso la parte finale barcolliamo dalla stanchezza. Santi bastoncini. Al campeggio di Val Veny ci concediamo una gigantesca pizza, un’altra birra e ci avviamo felici e appagati verso Milano.

Grazie Monte Bianco, e alla prossima.

Questions?

Have a question about this post or anything else? Ask away on Twitter.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *